E' inevitabile a questo punto che il pensiero vada, quasi immediatamente, alla poesia... maccheronica.
Questo genere letterario, perché di ciò si tratta, già affermato tra il 1400 ed il 1500 nell'ambiente goliardico padovano, ebbe il suo massimo esponente in Teofilo Folengo, nato a Mantova nel 1491 e conosciuto in arte con lo pseudonimo, che egli stesso usava, di Merlin Cocai.
L'originalità delle sue opere sta nell'uso di un linguaggio, appunto maccheronico: un misto di parole latine e italiane con desinenze latine; definito maccheronico perché grossolano e piuttosto pasticciato, in contrapposizione al linguaggio accademico.
D'ora in poi l'aggettivo maccheronico starà ad indicare un'azione svolta in modo confusionario e facilone, poco ortodosso.
La sua raccolta di opere Maccheronee uscì postuma nel 1552. Dal Settecento in poi il piatto di maccheroni ispira una quantità di autori che ne fanno menzione in sonetti, canzoni, poemi e cantilene.
Giacomo Casanova compone a Chioggia un sonetto in onore dei maccheroni (1734) e ne fa una tal mangiata che viene subito incoronato Principe dei Maccheroni. Intanto, o poco più tardi, a Napoli il popolo canta:
Questo genere letterario, perché di ciò si tratta, già affermato tra il 1400 ed il 1500 nell'ambiente goliardico padovano, ebbe il suo massimo esponente in Teofilo Folengo, nato a Mantova nel 1491 e conosciuto in arte con lo pseudonimo, che egli stesso usava, di Merlin Cocai.
L'originalità delle sue opere sta nell'uso di un linguaggio, appunto maccheronico: un misto di parole latine e italiane con desinenze latine; definito maccheronico perché grossolano e piuttosto pasticciato, in contrapposizione al linguaggio accademico.
D'ora in poi l'aggettivo maccheronico starà ad indicare un'azione svolta in modo confusionario e facilone, poco ortodosso.
La sua raccolta di opere Maccheronee uscì postuma nel 1552. Dal Settecento in poi il piatto di maccheroni ispira una quantità di autori che ne fanno menzione in sonetti, canzoni, poemi e cantilene.
Giacomo Casanova compone a Chioggia un sonetto in onore dei maccheroni (1734) e ne fa una tal mangiata che viene subito incoronato Principe dei Maccheroni. Intanto, o poco più tardi, a Napoli il popolo canta:
Chi mogliera vuol pigliare
E fan buono il desinare,
Deve fare un calderon
Tutto pien di Maccheron.
Ma l'opera principe, sull'argomento, è costituita da Li Maccheroni di Napoli, poema giocoso di Antonio Viviani, pubblicato nel 1824. L'opera è rilevante ai nostri fini prima di tutto perché in essa appare per la prima volta la parola "spaghetto", poi perché sono illustrate, con linguaggio poetico, le varie fasi di lavorazione della pasta, dalla farina al maccherone, dando grosso modo un'idea della reale situazione napoletana dell'epoca. |
Gran divoratore di maccheroni, anche se nulla scrisse su di essi, fu Gioachino Rossini.
Tanto che si racconta, fra i numerosi aneddoti suscitati dalle sue passioni gastronomiche,dopo il fiasco del Barbiere di Siviglia a Roma nel 1816, egli fu invitato dall'impresario Barbaia nel suo palazzo.
Qui gli fu offerta la più completa ospitalità a patto che, entro sei mesi, il Maestro avesse consegnato una nuova opera, l'Otello.
Per mesi il compositore mangiò e bevve in allegra compagnia senza minimamente pensare di mettersi all'opera finchè l'impresario, stanco di non vedere alcun risultato, lo rinchiuse nella sua stanza, da dove non lo avrebbe fatto uscire che in cambio della nuova composizione.
Dopo 24 ore Rossini consegnava, dalla finestra, l'ouverture dell'opera!
Egli si faceva arrivare i maccheroni solo da Napoli ed in una lettera del 1859, lamentandosi con un amico per il mancato arrivo di questi, si firma G. Rossini. Senza Maccheroni!!!
Tanto che si racconta, fra i numerosi aneddoti suscitati dalle sue passioni gastronomiche,dopo il fiasco del Barbiere di Siviglia a Roma nel 1816, egli fu invitato dall'impresario Barbaia nel suo palazzo.
Qui gli fu offerta la più completa ospitalità a patto che, entro sei mesi, il Maestro avesse consegnato una nuova opera, l'Otello.
Per mesi il compositore mangiò e bevve in allegra compagnia senza minimamente pensare di mettersi all'opera finchè l'impresario, stanco di non vedere alcun risultato, lo rinchiuse nella sua stanza, da dove non lo avrebbe fatto uscire che in cambio della nuova composizione.
Dopo 24 ore Rossini consegnava, dalla finestra, l'ouverture dell'opera!
Egli si faceva arrivare i maccheroni solo da Napoli ed in una lettera del 1859, lamentandosi con un amico per il mancato arrivo di questi, si firma G. Rossini. Senza Maccheroni!!!
E' famosa invece la diatriba sorta, sempre in merito ai maccheroni, tra Giacomo Leopardi e i napoletani.
Il cupo poeta di Recanati, che probabilmente mai mangiò maccheroni in vita sua, dileggia l'amore che i napoletani hanno per tal cibo in poche righe de "I nuovi credenti", composizione del 1835:
Il cupo poeta di Recanati, che probabilmente mai mangiò maccheroni in vita sua, dileggia l'amore che i napoletani hanno per tal cibo in poche righe de "I nuovi credenti", composizione del 1835:
...tutta in mio danno
s'ama Napoli a gara alla difesa
de' maccheroni suoi; ch'ai maccheroni
anteposto il morir troppo le pesa.
E comprender non sa quando son buoni,
come per virtù lor non sian felici
borghi, terre, province e nazioni.
Ma subito i napoletani con la 'maccheronata' di Gennaro Quaranta rispondono per le rime:
E tu fosti infelice e malaticcio
O sublime Cantor di Recanati,
che, bestemmiando la Natura e i Fati,
frugavi dentro te con raccapriccio.
Oh mai non rise quel tuo labbro arsiccio,
né gli occhi tuoi lucenti ed incavati,
perché... non adoravi i maltagliati,
le frittatine all'uovo ed il pasticcio!
Ma se tu avessi amato i Maccheroni
Più de' libri, che fanno l'umor negro,
non avresti patito aspri malanni...
E vivendo tra pingui bontemponi,
giunto saresti, rubicondo e allegro,
forse fino ai novanta od ai cent'anni.
Nel 1860 i maccheroni come emblema del popolo napoletano, sono protagonisti di un famoso aneddoto dovuto all'imperatrice Eugenia.
Durante una festa cui partecipava l'ambasciatore piemontese a Parigi, Costantino Nigra, elle ebbe la trovata di far rappresentare, una gustosa scenetta dal suo ciambellano.
Sommariamente truccato alla Cavour l'uomo siede a tavola.
Gli vengono serviti piatti evidentemente allusivi alla situazione storica del momento: stracchino e gorgonzola (allusione all'annessione della Lombardia), parmigiano (ducato di Parma) e mortadella di Bologna (Emilia), dopo l'aleatico vengono servite arance siciliane e tutto il buon uomo divora di gusto finchè gli servono, per ultimo, un bel piatto di maccheroni che egli invece (su istruzioni dell'imperatrice) rifiuta fermamente:
"No, per oggi basta, conservatemi il resto per domani..."
La cosa fu subito riferita da Nigra al vero Cavour che, percependo immediatamente l'allusione dell'imperatrice , disposta a cedere la Sicilia, ma non Napoli, rispose:
"I maccheroni non sono ancora cotti, ma in quanto alle arance che stanno qui sulla mensa, siamo disposti a mangiarle".
Poco dopo si era all'Unità d'Italia e Napoli stava per essere annessa al regno, allora Cavour scriveva:
"I maccheroni sono cotti e noi li mangeremo".
Durante una festa cui partecipava l'ambasciatore piemontese a Parigi, Costantino Nigra, elle ebbe la trovata di far rappresentare, una gustosa scenetta dal suo ciambellano.
Sommariamente truccato alla Cavour l'uomo siede a tavola.
Gli vengono serviti piatti evidentemente allusivi alla situazione storica del momento: stracchino e gorgonzola (allusione all'annessione della Lombardia), parmigiano (ducato di Parma) e mortadella di Bologna (Emilia), dopo l'aleatico vengono servite arance siciliane e tutto il buon uomo divora di gusto finchè gli servono, per ultimo, un bel piatto di maccheroni che egli invece (su istruzioni dell'imperatrice) rifiuta fermamente:
"No, per oggi basta, conservatemi il resto per domani..."
La cosa fu subito riferita da Nigra al vero Cavour che, percependo immediatamente l'allusione dell'imperatrice , disposta a cedere la Sicilia, ma non Napoli, rispose:
"I maccheroni non sono ancora cotti, ma in quanto alle arance che stanno qui sulla mensa, siamo disposti a mangiarle".
Poco dopo si era all'Unità d'Italia e Napoli stava per essere annessa al regno, allora Cavour scriveva:
"I maccheroni sono cotti e noi li mangeremo".
Con i primi del Novecento la letteratura che ci riguarda assiste ad un decadimento dei maccheroni, sia come argomento letterario, sia come termine, comunemente sostituito dai vocaboli come pastasciutta o spaghetti.
E' famosa l'avversione di Filippo Tommaso Marinetti per la pasta, dettata non tanto da antipatia personale, quanto da atteggiamento politico di origine intellettuale suggerito, pare, dallo stesso Mussolini.
Comunque, nel Manifesto della cucina futurista egli scrive:
"crediamo anzitutto necessaria l'abolizione della pastasciutta, assurda religione gastronomica italiana".
Ma dopo essere stato sorpreso in un ristorante a divorar spaghetti viene subito deriso:
E' famosa l'avversione di Filippo Tommaso Marinetti per la pasta, dettata non tanto da antipatia personale, quanto da atteggiamento politico di origine intellettuale suggerito, pare, dallo stesso Mussolini.
Comunque, nel Manifesto della cucina futurista egli scrive:
"crediamo anzitutto necessaria l'abolizione della pastasciutta, assurda religione gastronomica italiana".
Ma dopo essere stato sorpreso in un ristorante a divorar spaghetti viene subito deriso:
Marinetti dice "Basta,
messa al bando sia la pasta".
Poi si scopre Martinetti
Che divora gli spaghetti.
A partire dal Cinquecento la pasta valica i confini strettamente italiani per conquistare il mondo.
La troviamo prima di tutto in Francia, grazie a Caterina de'Medici e al Platina che contribuirono a diffondere la cucina rinascimentale italiana.
Non si sa invece esattamente come approdò in Inghilterra, ma si sa che era ivi conosciuta in quanto di maccheroni si parla in un dizionario tecnico dell'epoca e nel Settecento erano già così diffusi che una commedia allora in voga nei maggiori teatri di Londra si intitolava "The Macaoni".
All'incirca nello stesso periodo la pasta compare anche in America, teoricamente ad opera dello statista americano Jefferson il quale, durante un viaggio in Italia, imparò a conoscerla e ad apprezzarla e, volendo introdurla nel proprio paese si fece inviare tutti i macchinari.
Più praticamente però la diffusione si ebbe grazie agli emigranti italiani che caricavano di maccheroni le stive delle navi destinate a portarli nel nuovo continente.
In realtà l'affermazione fu assai rapida, se il protagonista di Yankee Doodle, famosa ballata dei pionieri del '700, gira per la città con un maccherone sul cappello!
La troviamo prima di tutto in Francia, grazie a Caterina de'Medici e al Platina che contribuirono a diffondere la cucina rinascimentale italiana.
Non si sa invece esattamente come approdò in Inghilterra, ma si sa che era ivi conosciuta in quanto di maccheroni si parla in un dizionario tecnico dell'epoca e nel Settecento erano già così diffusi che una commedia allora in voga nei maggiori teatri di Londra si intitolava "The Macaoni".
All'incirca nello stesso periodo la pasta compare anche in America, teoricamente ad opera dello statista americano Jefferson il quale, durante un viaggio in Italia, imparò a conoscerla e ad apprezzarla e, volendo introdurla nel proprio paese si fece inviare tutti i macchinari.
Più praticamente però la diffusione si ebbe grazie agli emigranti italiani che caricavano di maccheroni le stive delle navi destinate a portarli nel nuovo continente.
In realtà l'affermazione fu assai rapida, se il protagonista di Yankee Doodle, famosa ballata dei pionieri del '700, gira per la città con un maccherone sul cappello!
Fonte:Il Web