Il pesto alla genovese, o pesto genovese, è una delle salse più famose d’Italia ed è preparata con pochi ingredienti di qualità: basilico, pinoli, aglio, parmigiano, pecorino e olio extravergine di oliva.
Perché se confezionato a Genova il pesto alla genovese è più buono? Qual è il segreto per fare un pesto a regola d’arte?
Le accortezze sono tante: rispettare le proporzioni tra gli ingredienti, utilizzare formaggi, olio e prodotti di alta qualità, selezionare le foglie di basilico migliori e stare attentissimi a non surriscaldarlo, se lo si fa con un frullatore. I più volenterosi possono utilizzare il mortaio che allunga leggermente i tempi di preparazione. Il segreto più importante del pesto alla genovese sta dietro a una parola di moda in questi tempi: territorio.
Perché se confezionato a Genova il pesto alla genovese è più buono? Qual è il segreto per fare un pesto a regola d’arte?
Le accortezze sono tante: rispettare le proporzioni tra gli ingredienti, utilizzare formaggi, olio e prodotti di alta qualità, selezionare le foglie di basilico migliori e stare attentissimi a non surriscaldarlo, se lo si fa con un frullatore. I più volenterosi possono utilizzare il mortaio che allunga leggermente i tempi di preparazione. Il segreto più importante del pesto alla genovese sta dietro a una parola di moda in questi tempi: territorio.
Ingredienti:
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Preparazione:
Lavate il basilico, staccate foglia per foglia, allargatele su un canovaccio e fatele asciugare.
Controllate che siano ben asciutte e non rotte, la rottura della foglia corrompe gli aromi in essa contenuti e compromette la riuscita del pesto che potrebbe avere sgradevoli note erbacee.
Disponete tutti gli ingredienti sul piano di lavoro.
Prendete il mortaio, iniziate a pestare il sale con gli spicchi di aglio e, quando si è formata una crema, aggiungete le foglie di basilico e un altro pizzico di sale (che aiuta tritare le foglie).
Continuate a pestare con un movimento rotatorio, ben calibrato, da sinistra verso destra.
Quando il basilico è ridotto in poltiglia aggiungete i pinoli, continuando a pestare finché non si forma una crema.
Dopodiché aggiungete i formaggi, poco alla volta, e continuate a pestare per amalgamare il tutto.
Aggiungete infine l’olio extravergine di oliva a filo, sempre continuando a pestare.
Quando il composto è completamente omogeneo il pesto è pronto.
VarianteSe preparate il pesto genovese con il frullatore:
mettete il basilico, l’aglio (privato dell’anima), il parmigiano, il pecorino sardo e i pinoli nel frullatore e iniziate a tritare a intervalli per evitare il surriscaldamento del composto.
Tritate il tutto per circa 1 minuto e, quando il composto inizia a essere omogeneo, incorporate 2 cucchiai di olio extravergine.
Aiutatevi con una spatola per amalgamare la salsa e poi continuate a frullare fino a ottenere un composto omogeneo di colore verde chiaro e brillante.
Lavate il basilico, staccate foglia per foglia, allargatele su un canovaccio e fatele asciugare.
Controllate che siano ben asciutte e non rotte, la rottura della foglia corrompe gli aromi in essa contenuti e compromette la riuscita del pesto che potrebbe avere sgradevoli note erbacee.
Disponete tutti gli ingredienti sul piano di lavoro.
Prendete il mortaio, iniziate a pestare il sale con gli spicchi di aglio e, quando si è formata una crema, aggiungete le foglie di basilico e un altro pizzico di sale (che aiuta tritare le foglie).
Continuate a pestare con un movimento rotatorio, ben calibrato, da sinistra verso destra.
Quando il basilico è ridotto in poltiglia aggiungete i pinoli, continuando a pestare finché non si forma una crema.
Dopodiché aggiungete i formaggi, poco alla volta, e continuate a pestare per amalgamare il tutto.
Aggiungete infine l’olio extravergine di oliva a filo, sempre continuando a pestare.
Quando il composto è completamente omogeneo il pesto è pronto.
VarianteSe preparate il pesto genovese con il frullatore:
mettete il basilico, l’aglio (privato dell’anima), il parmigiano, il pecorino sardo e i pinoli nel frullatore e iniziate a tritare a intervalli per evitare il surriscaldamento del composto.
Tritate il tutto per circa 1 minuto e, quando il composto inizia a essere omogeneo, incorporate 2 cucchiai di olio extravergine.
Aiutatevi con una spatola per amalgamare la salsa e poi continuate a frullare fino a ottenere un composto omogeneo di colore verde chiaro e brillante.
Il Pesto, origini e storia
Zena, ossia Genova, fu una delle repubbliche marinare ed è una città colma di storia, marinai, camalli e pietre dure.
Sempre in conflitto con Venezia, visse di commerci di tessuti, velluto e jeans, di noleggi di navi (il Genova) e soprattutto di banche.
Si affaccia nell’alto Tirreno, su una piccola striscia di terra spinta a mare dalle montagne.
Alle sue spalle le coltivazioni si sviluppavano su terrazzamenti e vi crescono bene sia gli ulivi, sia il basilico.
Durante il Medioevo, mentre ospitava i Cavalieri Ospitaleti (poi di Malta), forniva i trasporti per la Terra santa.
Genova conquistò buona parte della Sardegna, ebbe accordi con i saraceni e i Cavalieri, e persino con gli inglesi, a cui a pagamento prestò la propria bandiera per evitare gli attacchi dei pirati.
Nel 1200 sconfisse la rivale repubblica di Pisa, impossessandosi dei suoi tesori: nel bottino c’erano anche i pinoli, una delle anime del pesto genovese.
Questa specialità è una derivazione del moretum romano, un insieme di erbe, aglio e formaggi che veniva pestato con il mortaio e spalmato sul pane. Gli ingredienti prevedevano appunto erbe, pecorino fresco e stagionato, sale, olio di oliva, a volte aceto.
Sempre in conflitto con Venezia, visse di commerci di tessuti, velluto e jeans, di noleggi di navi (il Genova) e soprattutto di banche.
Si affaccia nell’alto Tirreno, su una piccola striscia di terra spinta a mare dalle montagne.
Alle sue spalle le coltivazioni si sviluppavano su terrazzamenti e vi crescono bene sia gli ulivi, sia il basilico.
Durante il Medioevo, mentre ospitava i Cavalieri Ospitaleti (poi di Malta), forniva i trasporti per la Terra santa.
Genova conquistò buona parte della Sardegna, ebbe accordi con i saraceni e i Cavalieri, e persino con gli inglesi, a cui a pagamento prestò la propria bandiera per evitare gli attacchi dei pirati.
Nel 1200 sconfisse la rivale repubblica di Pisa, impossessandosi dei suoi tesori: nel bottino c’erano anche i pinoli, una delle anime del pesto genovese.
Questa specialità è una derivazione del moretum romano, un insieme di erbe, aglio e formaggi che veniva pestato con il mortaio e spalmato sul pane. Gli ingredienti prevedevano appunto erbe, pecorino fresco e stagionato, sale, olio di oliva, a volte aceto.
Lucio Giunio Moderato Columella, intorno al 20 d.C. (fonte: Bibliotheca Augustana Augsburg) descriveva così la ricetta del moretum: “Rimossa delicatamente la terra con le dita, tira fuori quattro agli con le spesse fibre, poi strappa le tenere chiome del sedano e la rigida ruta e il coriandolo tremante nell’esile aspetto.
Dopo aver raccolto queste erbe, si mette a sedere presso l’allegro fuoco e ad alta voce dice alla serva di portargli il mortaio.
Allora mette a nudo ciascuna delle teste dell’aglio dal corpo nodoso e le spoglia delle membrane esterne e, gettandole, sparge qua e là per terra queste parti inutilizzabili; bagna con acqua il bulbo integro nella parte verde e lo pone nel cavo cerchio della pietra.
Vi sparge grani di sale, viene aggiunto formaggio indurito dal sale, vi pone le erbe prima nominate, dapprima con la destra frantuma col pestello gli agli profumati e a quel punto pesta gli altri ingredienti mescolando il tutto.
Va la mano in cerchio, a poco a poco i singoli ingredienti perdono le loro forze, il colore da vario diventa unico, non completamente verde poiché le sostanze del latte inutilmente si oppongono e neppure bianco per il latte, perché esso viene cambiato da tante erbe.
Spesso l’acre profumo colpisce le narici aperte dell’uomo e col volto rincagnato biasima il suo pranzo, spesso col dorso della mano deterge gli occhi lacrimanti e furibondo lancia rimproveri all’incolpevole fumo.
La preparazione procede e il pestello non si muove più, come prima, saltellando ma più pesante in lenti cerchi.
Dunque fa cadere gocce dell’oliva di Pallade, sopra versa gocce di poco aceto, di nuovo mescola la massa e la rivolge.
Allora finalmente con due dita passa in giro l’intero mortaio e raccoglie tutta la massa prima sparsa perché sia chiaro l’aspetto del prodotto finito e il nome di Moretum“.
Da questo al pesto genovese il passo è breve: un condimento a base di basilico (che arrivando dall’India i romani non avevano), in particolare il basilico di Pra’, a cui si aggiunge aglio, pecorino e olio extravergine di oliva.
Dopo aver raccolto queste erbe, si mette a sedere presso l’allegro fuoco e ad alta voce dice alla serva di portargli il mortaio.
Allora mette a nudo ciascuna delle teste dell’aglio dal corpo nodoso e le spoglia delle membrane esterne e, gettandole, sparge qua e là per terra queste parti inutilizzabili; bagna con acqua il bulbo integro nella parte verde e lo pone nel cavo cerchio della pietra.
Vi sparge grani di sale, viene aggiunto formaggio indurito dal sale, vi pone le erbe prima nominate, dapprima con la destra frantuma col pestello gli agli profumati e a quel punto pesta gli altri ingredienti mescolando il tutto.
Va la mano in cerchio, a poco a poco i singoli ingredienti perdono le loro forze, il colore da vario diventa unico, non completamente verde poiché le sostanze del latte inutilmente si oppongono e neppure bianco per il latte, perché esso viene cambiato da tante erbe.
Spesso l’acre profumo colpisce le narici aperte dell’uomo e col volto rincagnato biasima il suo pranzo, spesso col dorso della mano deterge gli occhi lacrimanti e furibondo lancia rimproveri all’incolpevole fumo.
La preparazione procede e il pestello non si muove più, come prima, saltellando ma più pesante in lenti cerchi.
Dunque fa cadere gocce dell’oliva di Pallade, sopra versa gocce di poco aceto, di nuovo mescola la massa e la rivolge.
Allora finalmente con due dita passa in giro l’intero mortaio e raccoglie tutta la massa prima sparsa perché sia chiaro l’aspetto del prodotto finito e il nome di Moretum“.
Da questo al pesto genovese il passo è breve: un condimento a base di basilico (che arrivando dall’India i romani non avevano), in particolare il basilico di Pra’, a cui si aggiunge aglio, pecorino e olio extravergine di oliva.